Nota Informativa 1/2021

BREXIT: EFFETTI SULLA FISCALITÀ INDIRETTA E ADEMPIMENTI

Il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020. Ufficialmente, pertanto, il Regno Unito non è più Stato membro dell’UE già da allora e l’accordo di recesso aveva previsto un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020. Durante il periodo di transizione le norme e le procedure in materia doganale e fiscale erano rimaste invariate. Dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito è diventato a tutti gli effetti uno Stato extraUe.

EFFETTI SULL’APPLICAZIONE DELL’IVA

Acquisto e cessione di beni

L’articolo 51 dell’accordo di recesso prevedeva una regola semplice: se la spedizione/trasporto dei beni ha avuto inizio prima della fine del periodo transitorio (31/12/2020) da un Paese Ue al Regno Unito (e viceversa), ma si conclude successivamente (2021), l’operazione resta una cessione/acquisto intracomunitario.

La merce va ugualmente presentata in dogana, la quale può chiedere la prova della data d’inizio del trasporto (facilmente desumibile dai relativi documenti).

Se, invece, la vendita riguarda beni spediti nel 2021, ma per cui sono emesse fatture anticipate nel 2020 (ad esempio acconti), è da ritenere che, se al momento di emissione della fattura, è già noto che l’invio del bene avverrà nel 2021, il titolo di non imponibilità sia quello della futura esportazione (articolo 8, DPR 633/72 e non articolo 41, DL 331/93), nel presupposto che la fattura anticipata abbia la medesima natura dell’operazione “che verrà”.

All’atto dell’esportazione, oltre alla documentazione richiesta dalla disciplina doganale, andranno presentate le fatture di acconto e quella di saldo. Si ricorda a tal riguardo che, a regime, diversamente dalle cessioni intracomunitarie, incassare un acconto per un’esportazione obbliga all’emissione della fattura per il relativo importo.

Quanto alla prova dell’avvenuto trasferimento della merce nel Regno Unito (elemento essenziale per l’applicazione della non imponibilità Iva), le regole diventano quelle valevoli per tutte le esportazioni (Mrn e notifica di uscita dal territorio Ue).

Particolare attenzione va posta ai termini di resa: infatti una cessione con resa DDP (delivered duty paid, con tutti gli oneri a carico del venditore) diventerà particolarmente impegnativa nello scenario post-Brexit, implicando non solo il pagamento alla dogana inglese dell’Iva in importazione, ma anche lo svolgimento di tutte le formalità connesse all’importazione a destino. Sempre stando alle (future) cessioni all’esportazione, va ricordato che una vendita con consegna in Italia all’acquirente estero per successiva esportazione in Uk, implicherà il rispetto del termine di 90 giorni previsto dall’articolo 8, comma 1, lettera b), DPR 633/72.

In caso di acquisto di merce proveniente dal Regno Unito da parte di soggetto italiano, invece, non si applicherà più il reverse charge, bensì si dovrà operare un’importazione (con evidente impatto finanziario, a meno di utilizzo del plafond in caso di esportatore abituale o di ricorso al deposito Iva).

Operazioni triangolari

È necessario ridisegnare anche le operazioni triangolari di cessione di beni.

Se il promotore è un soggetto giuridico inglese che acquista beni in Italia con consegna diretta, a cura del fornitore nazionale, al cliente del promotore in altro paese Ue, si ricade nelle triangolari con intervento di soggetto extraUe e il cedente residente deve applicare l’Iva italiana.

Si evidenzia che una triangolare “comunitaria” è possibile solo se il promotore (extraUe) nomina un rappresentante fiscale in uno Stato membro, non essendo più possibile ricorrere all’identificazione diretta, ammessa solo per gli operatori Ue.

Lavorazioni di beni

La movimentazione di beni per lavorazioni diviene ora più complessa.

È necessario ricorrere ai regimi di perfezionamento (attivo o passivo) o alla temporanea esportazione/importazione onde evitare che l’Iva assolta con l’autofattura effettuata dal committente residente sul servizio ricevuto sia richiesta anche dalla dogana al momento del rientro dei beni al Paese di partenza.

 

EFFETTI DOGANALI

L’accordo concluso tra il Regno Unito e l’Unione europea lo scorso 24 dicembre segna una svolta importante per gli scambi commerciali tra i due Paesi, scongiurando l’ipotesi del “no deal”, ossia del ritorno dei dazi doganali e delle quote di importazione, com’era prima dell’ingresso di Londra nel mercato comune europeo.

L’intesa stabilisce in modo chiaro il divieto, per il Regno Unito e per l’Ue, di applicare dazi doganali, sia all’import che all’export, ma soltanto nei confronti di quei prodotti che possano definirsi “originari” dell’altra parte.

Esportazione verso Regno Unito

Il fornitore Ue dovrà dichiarare all’importatore GB l’origine preferenziale delle merci.

Questo sarà possibile se lo stesso disporrà di documentazione che dimostri l’effettiva origine unionale delle merci da esportare. Ciò comporta che l’esportatore debba avere perfetta evidenza dei processi che determinano l’origine delle merci, tracciando in modo puntuale tutte le fasi di approvvigionamento e di produzione del bene.

L’attestazione poi potrà essere rilasciata direttamente su fattura ovvero su qualunque altro documento commerciale. A tal proposito, la circolare n. 49/D/2020 dell’Agenzia Dogane Monopoli allega un modello dichiarativo apposito.

Importazione dal Regno Unito in Ue

Affinché l’importazione sia a dazio zero, l’importatore Ue deve ricevere dal fornitore GB un’apposita attestazione dell’origine preferenziale dei beni. Inoltre, è necessario acquisire dal fornitore, quando necessario, gli elementi di prova per dimostrare alla dogana Ue che la merce è realmente originaria del Regno Unito.

ADEMPIMENTI

Alla luce delle novità suesposte, si ritiene opportuno effettuare le seguenti verifiche/adempimenti per adeguarsi al nuovo quadro normativo in modo efficiente:

  1. Processo di fatturazione: predisporre le modifiche necessarie con riferimento al regime Iva e al momento di emissione della fattura. Introdurre un processo aziendale per associare a ogni fattura di vendita verso il Regno Unito una prova di export.
  2. Incoterms: valutare/rinegoziare le condizioni di consegna nei contratti commerciali. Va identificato a chi compete l’obbligo di sdoganare le merci, anche per stimare i maggiori costi connessi. La condizione DDP può essere molto onerosa.
  3. Spedizionieri/rappresentanti doganali: identificare i fornitori di tali servizi, formalizzare i contratti e definire le modalità di condivisione dei dati per la compilazione delle dichiarazioni doganali.
  4. Documenti per la dogana: verificare la disponibilità nei sistemi aziendali dei dati per la compilazione delle dichiarazioni doganali, come ad esempio, codice di nomenclatura combinata e origine preferenziale dei prodotti, codice EORI di clienti, fornitori e operatori doganali. Controllare la disponibilità dei documenti necessari per completare le operazioni doganali: fattura, fattura pro forma, certificati sanitari o veterinari, autorizzazione all’esportazione per beni dual use, eventuali certificati di conformità.
  5. Iva all’importazione e obblighi di partita iva locale (rappresentante fiscale): verificare l’impatto finanziario legato al versamento dell’imposta agli uffici doganali di importazione e valutare le alternative (plafond, immissione in libera pratica con introduzione in deposito Iva in Italia). Valutare ex ante possibili obblighi di registrazione ai fini Iva in presenza di operazioni particolari (es. consignment/call-off stock, vendite con installazione, operazioni triangolari, vendite B2C).
Simple Ways to Smart Solutions!